Il luogo si chiama Gobekli Tepe, nell’attuale Turchia, ed è situato a
circa diciotto chilometri dalla città di Şanlıurfa, presso il confine
con la Siria. L’aspetto è quello di una collina alta circa quindici
metri, con un diametro di trecento.
Qui, nel 1963 un gruppo di ricerca archeologico notò nella zona cumuli
di frammenti di selce, segno della presenza, nel passato, di un’attività
umana.
Solo trent’anni dopo, però, se ne riconobbe il potenziale: un
pastore notò che dal terreno spuntavano alcune pietre di strana forma.
Avvisò il responsabile del museo della città di Şanlıurfa, e di bocca in
bocca la notizia arrivò all’Istituto Archeologico Germanico. Nel 1995
cominciarono gli scavi, guidati dall’archeologo Klaus Schmidt, e in
seguito il tutto passò sotto la supervisione di due università tedesche.
Ciò che venne scoperto avrebbe lasciato non pochi a bocca aperta.
Vennero infatti alla luce, dopo un tempo incommensurabile, alcuni
recinti circolari, delimitati da megaliti a forma di “T” di oltre
quindici tonnellate ciascuno e di circa tre metri di altezza. Risalgono
al 9500 a.C. Un’epoca in cui, fino a questo momento, gli studiosi non
credevano fosse possibile per gli essere umani erigere una struttura
del genere. Gli scavi continuano a tutt’oggi, e si calcola che decine e
decine di megaliti debbano ancora essere riportati in superficie. A
circa un chilometro dal sito riposa un megalite la cui lavorazione fu
abbandonata a causa di una rottura. Questo significa che una volta
finito sarebbe dovuto essere trasportato, forse, verso il sito. Vi
lascio immaginare cosa significhi spostare un manufatto di tale peso.
Fino a questo momento si era pensato che gli uomini e le donne vissuti
in quel periodo fossero solamente nomadi dediti alla caccia. Non si
pensava potessero avere l’intenzione e i mezzi di erigere alcunché.
Scopriamo invece che centinaia di esseri umani collaborarono alla
costruzione di questo monumento nell’arco di tre o cinque secoli e che, a
un certo punto della storia, si preoccuparono di seppellirlo. La
pietra è sempre stata ed è tutt’oggi, nell’arte, il materiale dedicato a
ciò che dovrebbe durare per sempre; ciò che ha, in qualche maniera,
una valenza sacra, importante. Scopriamo infatti che questo monumento
altro non era se non ciò che oggi definiremmo un “tempio”.
Da un lato vi sono infatti evidenti prove che gli uomini di Gobekli Tepe
non vivessero lì, non essendo presenti testimonianze di vita
domestica. Dall’altro, le pietre sono decorate con incredibili,
meravigliosi bassorilievi raffiguranti animali, per la maggior parte
predatori o comunque difficilmente addomesticabili, come serpenti,
anatre, gru, tori, cinghiali e scorpioni. A questi si aggiungono
sculture in argilla rappresentanti volpi o cinghiali (è difficile da
stabilire, dato lo stato di deterioramento). Sono presenti inoltre
elementi puntiformi e geometrici. Ma è davvero possibile che uomini
dediti a continui spostamenti erigessero un luogo così imponente?
Secondo Schmidt ciò è possibile solo se immaginiamo i centinaia di
costruttori stanziarsi intorno al sito.
Da qui la grande,
nuova intuizione. Non fu l’avvento delle tecniche agricole, che secondo
quanto si afferma sarebbero nate di lì a poco, a far sì che l’uomo
cominciasse a gravitare verso un punto specifico del territorio e
cominciasse a costruire centri abitati, come si è creduto fino a ora.
Non fu un’esigenza di tipo economico a farci vivere gli uni vicini agli
altri, bensì la volontà di raccogliersi intorno a un luogo
considerato, per una ragione o per un’altra, di vitale importanza da un
punto di vista simbolico o magico. Non è nata prima la città e poi il
tempio, ma prima il tempio e poi la città. La scoperta del sito di
Gobekli Tepe ci invita a ripensare il nostro passato, che non è detto
sia quello scritto sui libri di testo. Chi siamo? Che storia abbiamo?
Non smettiamo di indagare, di mettere in discussione, di chiedere.
Non ci fossilizziamo su quanto è stato stabilito “una volta per tutte”.
Personalmente ho smesso di immaginare che i nostri antenati fossero
esseri ricurvi, gretti, produttori di suoni sgradevoli, uomini e donne
che andavano in giro spinti semplicemente da istinti corporali e senza
un briciolo di senso estetico (semmai quest’ultimo è in dubbio oggi).
Guardate la bellezza e la grande espressività di questi bassorilievi
risalenti a 12.000 anni fa.
C’è molto di più di quanto dicono.
E probabilmente molto altro deve essere ancora raccontato.
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