Una “bomba”
tossica, estremamente pericolosa per l'ambiente, minaccia la salute
pubblica e l'economia dei paesi del Mediterraneo centrale, ma anche
tutto il mare Mediterraneo, inteso come un mare chiuso e già seriamente
contaminato.
L'arsenale
chimico della Siria inizialmente era destinato a essere neutralizzato in
Albania ma, dopo le forti proteste pubbliche in quel paese e nonostante
i generosi benefici contributivi offerti dagli americani,
il governo è stato costretto a declinare “l'offerta”, e così questo
arsenale sarà distrutto nella zona di mare ad ovest di Creta, con la
connivenza delle autorità greche, italiane e maltesi.L'allarme è
dato dagli scienziati di Democritos (N.d.T. Centro Nazionale di Ricerca
Scientifica) di Atene e del Politecnico di Creta, che parlano di
“completa distruzione dell'ecosistema e del turismo”.
Secondo il
collaboratore scientifico di Democritos ed ex presidente dell'Unione dei
Chimici Greci, Nikos Katsaros, "se una tale neutralizzazione delle armi
chimiche verrà effettuata tramite il processo di idrolisi, si può
parlare di uno scenario da incubo. Si tratta di un metodo estremamente
pericoloso, con conseguenze imprevedibili per l'ambiente mediterraneo e i
popoli vicini."
Questi effetti
saranno la necrosi completa dell'ambiente interessato e l'inquinamento
marino tra il mare Libico ed il mare di Creta. Il pesce sarà avvelenato
dalla contaminazione, così come la popolazione che lo consumerà. Da
notare inoltre che il punto del mare prescelto è all'incirca lo stesso
usato per l'inabissamento di sostanze tossiche gestite in passato dalla
mafia ( http://www.haniotika-nea.gr/media/2014/01/224.jpg ).
Solitamente le
sostanze chimiche vengono distrutte tramite combustione in aree
specifiche dotate di opportune infrastrutture. Queste aree esistono da
tempo e svolgono questo tipo di operazioni negli Stati Uniti, in
Germania, Francia, Russia, Cina ed altri paesi da molti anni. In questo
caso però, trattandosi di un problema politico, nessuno vuole assumersi
la responsabilità. Così ricorrono al metodo di idrolisi in mare aperto,
nonostante, per ammissione indiretta degli americani stessi, questo
metodo sia particolarmente pericoloso: infatti, il mare Mediterraneo è
stato scelto proprio perché chiuso. Negli oceani la contaminazione ci
sarebbe stata lo stesso, ma la dissoluzione delle sostanze sarebbe stata
agevolata dalla più grande quantità d'acqua. In un mare aperto però la
possibilità di onde marine di grande altezza e quindi di incidenti è
sostanzialmente maggiore.
Di un grave
rischio parla il professor Evangelos Gidarakos del Politecnico di Creta,
che ha lanciato l'allarme alle autorità greche, le quali appaiono in
disparte in questo processo.
"Queste
sostanze chimiche sono miscele di sostanze pericolose e tossiche, che
non sono in grado di essere inattivate in modo da non causare danni agli
organismi viventi solo con questo metodo", sottolinea. “Questa zona tra
l'Adriatico e il Mediterraneo era diventata 'un cimitero di prodotti
chimici' dalla mafia italiana, che aveva immerso in un periodo di 20
anni circa 30 navi cariche di vari tipi di sostanze e rifiuti chimici,
come è stato rivelato in questi ultimi anni”.
Secondo annunci
ufficiali, le armi chimiche, dopo essere trasportate dalla Siria,
saranno caricate in Italia nel recipiente di titanio della nave
americana Cape Ray e saranno distrutte col processo di idrolisi in acque
internazionali tra l'Italia e la Grecia, nel tratto di mare tra Malta -
Libia - Creta. La procedura per la distruzione dell'arsenale chimico
della Siria dovrebbe durare circa tre mesi. Non vengono forniti
ulteriori dettagli.
Il professor
Gidarakos però ha molti dubbi. “L'armamento chimico della Siria consiste
di due parti”, dice. “Esistono 1.250 tonnellate di armamenti
'principali' come i gas sarin e i gas mostarda ed altre 1.230 tonnellate
di sostanze precursori che sono utilizzate per la fabbricazione delle
armi vere e proprie. Queste sostanze, principalmente composti chimici di
cloro e fluoro, sono di per sé altamente velenose e tossiche. E poi
esiste una gamma di altre sostanze acquistate dalla Siria dopo l'embargo
per cui sono sia di provenienza sia di natura ignota. Anche prendendo
per buone le 1.500 tonnellate ufficialmente dichiarate, non credo che
tutto possa essere concluso in soli tre mesi. Ci vorrà probabilmente il
triplo di questo tempo, sempre che non succedano degli spiacevoli
imprevisti”.
Il professor
Gidarakos sostiene che l'idrolisi di tutto questo quantitativo
pericoloso produrrà una terza componente tossica che sarà formata
direttamente nelle acque marine. Perché l'idrolisi non è più un processo
relativamente sicuro come nel passato (p. es. durante la
neutralizzazione delle armi chimiche della 2a Guerra Mondiale al largo
del Giappone) in quanto oggi l'idrolisi produce anche degli scarti in
forma liquida, cosa che non succedeva nel passato.
Aggiunge
inoltre che si sarebbe aspettato un comportamento più responsabile da
parte dell'Organizzazione per il Divieto delle Armi Chimiche,
un'organizzazione direttamente coinvolta in questa faccenda, che pochi
mesi fa aveva fortemente sconsigliato la neutralizzazione di tali
sostanze in alto mare.
“Tutta questa storia ricorda molto un'operazione militare ed ha poco di scientifico”, conclude.
Intanto qui
cominciano a circolare le varie “voci”. C'è persino chi parla della
reale possibilità di condizioni che "non permetteranno a chiunque di
nuotare" nelle spiagge di Creta per (almeno) i prossimi 5 anni.
Catastrofisti, certo. E il primo che ci rimette, oltre al turismo, è il
morale del già martoriato popolo greco. Ma, pensandoci bene, chi gli può
garantire il contrario?
FONTE: TERRA REAL TIME
Un corrispondente volontario dalla Grecia
FONTE: www.comedonchisciotte.org
16.01.2014
FONTI:
http://www.youtube.com/watch?v=YkY7sXu9qtE (intervista del professor Gidarakos)
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