Nel giro di 10 anni del nostro Paese non rimarrà più nulla. O quasi. E’ la conclusione catastrofica cui giunge nella sua analisi il professore Roberto Orsi della London School of Economics and Political Science (LSE).
Che cosa ci sta portando alla dissoluzione e all’irrilevanza
economica? Una classe politica miope che non sa fare altro che
aumentare le tasse in nome della stabilità. Monti ha fatto così. E
Letta sta seguendo l’esempio. Il tutto unito a una ”terribile gestione
finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente,
burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e
inaffidabile d’Europa”.
L’ANALISI DI ORSI
“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso
perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di
nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una
condizione di desertificazione economica, di incapacità di
gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta
verticale della produzione culturale e di un completo caos politico
istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato
italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti
del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito
pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.
Il governo
sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è
in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope
dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a
vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal
lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che
questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l’estate, i
leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la
popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è
impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere
uno o più trimestri in territorio positivo.Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica,
considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più
corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a
una sorta di stagnazione.
Il 15% del settore
manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa
dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono
scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di
danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue
radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del
Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi
accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale
interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione
significativa del futuro della nazione. L’Italia non avrebbe potuto
affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori.
La leadership del Paese non
ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti
industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una
volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i
trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate,
ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di
Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia non è
neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di
immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali)
di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza , l’Italia
si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la
scomparsa completa della nazione certa.
L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile
gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione
onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento
e inaffidabiled’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori
fuori dal Paese. Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a
basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di
aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove,
nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le aziende
troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a
sabotarli. A un recente evento organizzato dalla città svizzera di
Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino
hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.
La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che
emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come
in Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme
alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar
via, o vorrebbe emigrare. L’Italia è diventato un luogo di saccheggio
demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno l’opportunità
di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello
Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che
non potranno mai avere in Italia.
L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi – collasso nel 2011, un
evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese
è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti
dall’ufficio del Presidente Repubblica, i burocrati di diversi
ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di
garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati
finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato finora raggiunto
emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza
precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica,
che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine
repubblicano. L’interventismo del Presidente è particolarmente evidente
nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono
entrambi espressione diretta del Quirinale.
L’illusione ormai
diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la
Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno
amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e
forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe
facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione. Letta
sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere
sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le
stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro,
sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile
pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono
neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese.
Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia.
In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia nazione industriale moderna.
Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna
o Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno
mai più recuperare.
I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa
avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l’Italia a
quella posizione centrale di potenza culturale ed economica
all’interno del mondo occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel
tardo Medio Evo e nel Rinascimento. Quel progetto ora è fallito,
insieme con l’idea di avere una qualche ambizione politica
significativa e il messianico (inutile) intento universalista di
salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia.”
FONTE
FONTE ORIGINALE: AFFARI ITALIANI
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