Diossina e policlorobifenili (PCB) in misura superiore al limite consentito dalla legge europea nelle uova di 23 allevamenti su 30.
Sono questi i primi allarmanti risultati del Piano di monitoraggio
del Ministero della Salute che prevede la verifica della presenza di
sostanze contaminanti nelle uova e nel latte nei 57 siti inquinati di interesse nazionale (7 quelli lombardi).
Con il campione analizzato dall'Azienda Sanitaria Locale della Lombardia è emerso che nel 76% dei pollai d'allevamento lombardi, industriali o artigianali, sono state riscontrate sostanze cancerogene in misura superiore al limite consentito dalla legge europea (5 picogrammi per ogni grammo di grasso).
Le uova contengono diossina e policlorobifenili (PCB)
in 23 pollai tra Milano, Sesto San Giovanni e la Provincia di Monza
Brianza, in 15 allevamenti di Cerro al Lambro (MI) e in 9 di Mantova e
dintorni (tre in città, due a Bigarello, uno a San Giorgio, Porto
Mantovano, Marmirolo e Borgoforte).
Il monitoraggio sugli allevamenti rurali rientra nel piano triennale
di controlli programmato dal Ministero della Salute per valutare la
presenza di contaminanti in alimenti di origine animale (uova e latte)
prodotti nelle zone a maggior impatto ambientale individuati come Siti
di Interesse Nazionale (SIN). Entro la fine dell'anno si concluderà
anche nelle aree di Milano Bovisa, Pioltello-Rodano e Brescia-Caffaro.
Già lo scorso anno, però, in un pollaio a Ospitaletto (BS) che offre
prodotti a chilometri zero e sorge a due passi da un'acciaieria, sono
stati riscontrati tassi di contaminazione quasi doppi rispetto ai limiti
imposti dalla normativa europea.
Per questo l'eurodeputato Andrea Zanoni, membro della Commissione
ENVI Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento
europeo, parla di allarme sanitario.
“I risultati dei controlli resi noti sono inquietati. Sulle tavole dei
cittadini arrivano veleni di ogni genere. Le uova contaminate dalle
sostanze cancerogene, come la diossina, sono alimenti che i nostri
bambini consumano e che le mamme hanno sempre tranquillamente servito,
soprattutto se provengono da allevamenti rurali e non intensivi che
offrono prodotti a chilometro zero. Ora, invece, non c'è più nemmeno
questa sicurezza, perché le galline vivono in terreni contaminati vicini a poli industriali”, denuncia l'eurodeputato.
Come è noto, infatti, sono proprio le galline ruspanti, rispetto a
quelle di allevamento, a essere gli indicatori più sensibili di un
possibile inquinamento ambientale, perché razzolano su terreno esposto
alle ricadute degli inquinanti aero-dispersi. Cosa fare?
La Asl impone il divieto di consumo delle uova degli allevamenti
irregolari per 120 giorni, che è il termine scientifico sufficiente per
abbattere Pcb e diossina se gli animali sono tenuti in condizioni di
allevamento ottimali, lontani cioè dalla terra inquinata. Sarà
sufficiente?
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