05/11/2013
E NOI PAGHIAMO!
Si
sta varando il decreto-legge che stanzia altro denaro pubblico per le
missioni militari internazionali. L’Italia ha avuto una spesa militare
reale di 26 miliardi nel 2012. Manlio Dinucci, Il Manifesto per
NenaNews Mentre le vie di Roma sono percorse da cortei che chiedono
investimenti pubblici per il lavoro, la casa, i servizi sociali, nelle
stanze di palazzo Montecitorio si sta varando il decreto-legge che
stanzia altro denaro pubblico per le missioni militari internazionali.
Denaro che va ad aggiungersi a quello per le forze armate e gli
armamenti,ponendo l’Italia (documenta il Sipri) al decimo posto
mondiale con una spesa militare reale di 26 miliardi di euro nel 2012,
equivalente a 70 milioni al giorno. Su cosa si stia decidendo a palazzo
Montecitorio c’è assoluto silenzio mediatico. Peccato. Altrimenti i
cittadini italiani in crescenti difficoltà economiche avrebbero
perlomeno la soddisfazione di sapere che, solo per il trimestre
ottobre-dicembre 2013, vengono stanziati 125 milioni di euro per la
missione militare in Afghanistan, oltre 40 per quella in Libano, 24 per
quelle nei Balcani, 15 per il «contrasto alla pirateria» nell’Oceano
Indiano (più la spesa, ancora segreta, per la nuova base militare
italiana a Gibuti). Si spendono in soli tre mesi 5 milioni per
partecipare alla missione Nato nel Mediterraneo (cui si aggiunge la
spesa, ancora da quantificare, per quella Mare Nostrum), altri 5 per
mantenere personale militare italiano a Tampa in Florida (sede del
Comando centrale Usa), in Bahrain, Qatar ed Emirati arabi uniti.
Oltre 5
milioni in tre mesi vengono stanziati per i militari e gli agenti di
polizia che in Libia aiutano a «fronteggiare l’immigrazione
clandestina» e a mantenere e usare «le unità navali cedute dal governo
italiano a quello libico». Altro denaro pubblico viene sborsato per
inviare militari in Sudan, Sud Sudan, Mali, Niger, Congo e altri paesi,
pagando alte indennità di missione incrementate del 30% se il
personale non usufruisce di cibo e alloggio gratuiti. Alle spese per le
missioni militari si aggiungono quelle per il «sostegno ai processi di
ricostruzione» e il «consolidamento dei processi di pace e
stabilizzazione»: 23,6 milioni di euro in tre mesi, ai quali il ministro
degli esteri può aggiungere con proprio decreto altre risorse. Già la
Bonino ha annunciato che a dicembre saranno disponibili altri 10
milioni per gli «aiuti umanitari». Come lo «sminamento umanitario» in
paesi che prima la Nato (Italia compresa) ha attaccato anche con bombe a
grappolo che lasciano sul terreno ordigni inesplosi, o in paesi al cui
interno la Nato ha fomentato la guerra. Come gli interventi di
«stabilizzazione dei paesi in situazione di conflitto o
post-conflitto», tipo la Libia che, demolita dalla Nato con la guerra,
si trova in una caotica situazione di post-conflitto. Tra gli «aiuti
umanitari» figurano anche gli interventi «a tutela degli interessi
italiani nei paesi di conflitto e post-conflitto», tipo quelli dell’Eni
in Libia. Per coprire tali spese si attinge anche ai «fondi di riserva
e speciali» del ministero dell’Economia e delle finanze, che così
mancheranno quando si dovranno affrontare situazioni di emergenza
sociale in Italia. Il ministro dell’economia è inoltre «autorizzato ad
apportare le occorrenti variazioni di bilancio», cioè ad accrescere i
fondi per le missioni militari. I primi a sostenere il decreto-legge
sono i deputati Pd, seguiti da quelli Pdl. L’opposizione (Sel e M5S) si
limita in genere a emendamenti che non intaccano la sostanza e a
criticare «il fatto che il contributo italiano alla sicurezza
internazionale sia di natura esclusivamente militare». Ignorando che,
con il suo «contributo militare», l’Italia non rafforza ma mina la
sicurezza internazionale, e che quello «civile» è spesso il grimaldello
dell’intervento militare.
FONTE
Nessun commento:
Posta un commento