Una “modesta proposta” per risolvere il problema della disoccupazione
giovanile (almeno in Grecia) arriva dal Centre of Planning and Economic
Research (KEPE), che ha proposto una misura alquanto controversa, che
qualcuno ha già etichettato come schiavitù
Secondo quanto riporta Greek Reporter la proposta del centro, che
lavora sotto la supervisione del Ministero dello Sviluppo Regionale,
prevede che le aziende possono assumere giovani disoccupati fino a 24
anni senza corrispondere loro uno stipendio per un anno, nel tentativo
di dare loro un incentivo all’assunzione di dipendenti tra i più
giovani: nella sostanza si propone l’abolizione del salario di base per
un anno. In aggiunta il KEPE ha proposto anche l’”esportazione” di
giovani disoccupati, poiché allo stato attuale le aziende non sembrano
comunque in grado di assorbire le folte schiere di giovani in cerca di
lavoro (per non parlare dei meno giovani).
Questa misura, per quanto disperata, risulta avere almeno un senso:
il dramma della disoccupazione in Grecia è stato particolarmente tragico
per i giovani, dove il tasso di disoccupazione sfiora il 60 per cento.
Ancora più grave però è il tasso di disoccupazione di lungo periodo, che
raggiunge il 71 per cento, mentre il 23 per cento dei giovani non ha
mai lavorato.
I disoccupati di lungo periodo, ovvero chi non è stato impiegato per
un anno o più, sono soggetti ad una veloce dissipazione del proprio
capitale umano: ciò deriva dal fatto che le nozioni che le persone
imparano a scuola o sul posto di lavoro finiscono per non essere più al
passo con i tempi oppure ad essere dimenticate a causa del non uso, come
i muscoli di un atleta costretto al riposo forzato, per esempio a causa
di un infortunio, al termine del quale dovrà affrontare un percorso
riabilitativo prima di tornare alle gare (e quindi a “produrre”).
Percorso che, certamente, non è a costo zero.
Questa situazione deprime la crescita economica di lungo periodo di
un Paese, ma soprattutto spreca le risorse investite nella formazione
del lavoratore, che dovrà ricominciare più o meno da lontano quanto più a
lungo è stato fermo. Per questo motivo nei Paesi più avanzati viene
richiesto ai disoccupati di seguire corsi di formazione, in modo tale da
mantenere in allenamento le proprie skill ed essere pronto ad
affrontare il moderno e agguerrito mercato del lavoro con le giuste armi
in mano.
La proposta del KEPE mira a incentivare questo allenamento: le
imprese avrebbero in questo modo manodopera a basso (pardon, nullo)
costo e potrebbero rimanere in vita sul mercato (comunque evitando di
sprecare il know-how aziendale), in attesa della ripresa economica che
pare debba manifestarsi quest’anno. I giovani potrebbero intanto
mantenersi in allenamento e sperare che quando la situazione economica
sarà migliorata l’azienda possa decidere di assumerli in pianta stabile
(o almeno pagando loro qualcosa).
In alternativa, probabilmente perché si dubita che in Grecia vi siano
ancora aziende in grado di assumere dipendenti quantunque gratis,
secondo il KEPE, il governo dovrebbe incentivare i giovani a cercare
lavoro all’estero in quei paesi, specie nel nord ed est Europa, dove vi è
una teorica fame di lavoratori: in questo modo, oltre a dare sollievo
alle statistiche, i giovani potrebbero fare esperienze che potrebbe
risultare utili al loro ritorno in patria quando la situazione economica
dovrebbe essere meno grave.
La Grecia, come noto, viene fuori da ben sei anni di recessione,
iniziati a causa dei buchi contabili malamente nascosti dal governo nel
decennio precedente e poi aggravati dalle misure di austerità imposte
dalla Troika formata dall’Unione Europea dalla Banca Centrale Europea e
dal Fondo monetario internazionale, che però non hanno risolto il grosso
dei problemi greci, mentre le questioni vagamente girate in positivo
potevano essere affrontate più in fretta e con una spesa più modica
(attualmente siamo a 240 miliardi di euro spesi, e la calcolatrice forse
dovrà essere rispolverata entro primavera) se l’Europa non si fosse
lasciata prendere dai vendetta divina verso la comunque accertata truffa
dei conti pubblici.
In altre parole si sarebbe potuto risolvere il problema di uno stato
come quello greco (corrotto inefficiente e gonfiato di impiegati
pubblici) con una spesa inferiore senza far affondare l’economia
ellenica, ma si è preferito dare una punizione esemplare che ha gettato i
suoi bacilli nel resto d’Europa invece che stroncare l’infezione sul
nascere.
È dal 2011 che in Grecia si spera in una ripresa economica ed il
Fondo monetario internazionale ha effettivamente previsto un ritorno
alla crescita, per quanto modesta, nel 2011, nel 2012 e nel 2013.
Speranza vana: anche il triennio precedente si è chiuso in profondo
rosso come il precedente. Non solo: il debito pubblico, nonostante due
default, è ancora in maggiore in Europa in rapporto al prodotto interno
lordo, il paese è caduto dalla scorsa primavera in una deflazione molto
pericolosa (per quanto stia restituendo un po’ di potere d’acquisto a
chi ancora ha un salario), mentre la disoccupazione resta alle stelle.
È forse quest’ultimo il problema più importante da affrontare nonché
la conseguenza primaria dell’austerità germanica (per fortuna in
silenziosa ritirata): resta tuttavia dibattuto se l’istituzione di una
sorta di schiavitù temporanea nonché di una tratta dei disoccupati greci
in Europa possa essere l’effettiva soluzione a questo dramma.
Quantomeno la modesta proposta non è il cannibalismo. Almeno per ora.
FONTE: INTERNATIONAL BUSINESS TIMES
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