“Nonostante la diffida e la denuncia avverso il precedente Ministro
della Salute per mancata corretta informazione circa i danni,
scientificamente e clinicamente dimostrati, derivanti dal consumo di
carne alimentare, le Istituzioni continuano ad omettere la realtà. È
profondamente ingiusto nascondere la verità soprattutto su un tema
principale come la salute, ai cittadini è stato tolto l'inalienabile
diritto alla corretta e libera informazione, senza omissioni o censure.
Come sempre gli interessi delle lobby, nella fattispecie rappresentate
dalle industrie della carne, prevalgono sul diritto del popolo di
sapere” - dichiara il presidente del Partito Animalista Europeo, Stefano
Fuccelli - “Non mi meraviglio se a dirigere l'Istituto Nazionale
Ricerca Alimenti e Nutrizione era il Prof. Cannella (ordinario di
Scienza dell'alimentazione nella facoltà di Medicina dell'Università La
Sapienza, dirigente della Scuola di specializzazione in Scienza
dell'alimentazione e del Centro interuniversitario internazionale di
studi sulle culture alimentari mediterranee nonché membro del Consiglio
Superiore di Sanità) che elogiava le doti salutistiche e nobili della carne criticando addirittura l'alimentazione vegetariana
i cui praticanti avrebbero dovuti fare i salti mortali per combinare
gli alimenti. Ironia della sorte il salto mortale lo ha fatto lui,
Cannella è morto all'età di soli 67 anni per tumore all'intestino”.
Malattie vascolari, cancri, ipertensione, diabete ed obesità i reali danni derivanti dall’assunzione alimentare di carne, il Prof. Umberto Veronesi direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia
lo dichiara da anni: “Attenti all’alimentazione innesca i tumori più
del fumo, la prevenzione riduce i decessi più della medicina e comincia a
tavola. I dati sul cancro al colon dimostrano che è quasi inesistente
nei paesi a dieta priva di carne. Mangiare carne fa male, è cancerogena”..
L’oncologo ha spiegato che ad innescare il tumore sono nel 35% dei casi
le cattive abitudini alimentari; seguono il tabacco (30%), le infezioni
virali (10%), i fattori riproduttivi (7%), l’attività lavorativa e
l’inquinamento (4%).
Dallo studio “meat intake and mortality” pubblicato nel 2009 negli Stati Uniti sul bimestrale “Archives of internal medicine”
le conclusioni sono state che consumare carne lavorata, comunque di
provenienza industriale, eleva il rischio di morte per tumore e malattie
cardiache. LaFood and Drug Administration americana
conferma: “chi consuma più di 80 grammi quotidiani di carne alza di 8
volte il rischio di tumori allo stomaco ed all’intestino, oltre che alla
prostata per gli uomini ed al seno per le donne”.
Il World Cancer Research Fund (WCRF) e l’American Institute for Cancer Research
sottolineano come vi sia una chiara evidenza che le carni rosse e le
carni lavorate siano causa di cancro al colon ponendo come obiettivo per
la salute pubblica un consumo medio di 300 gr. a settimana (43 gr. al
giorno), e di evitare in modo assoluto carni processate, come pancetta, prosciutto, salame, salsicce, carne in scatola, ecc. Lo studio effettuato dalla Oxford University – Unità cardiologica della Cornell University (ottobre 2010): “diminuendo
il consumo di carne si eviterebbero, soltanto in Inghilterra, 31 mila
morti per malattie cardovascolari, 9 mila per cancro e 5 mila per ictus
ed il servizio sanitario (inglese ndr) risparmierebbe almeno 1,3 miliardi di euro; con l’eliminazione totale del consumo di carne le cifre aumenterebbero ancora di più”. Il cittadino britannico medio consuma 125 kg di carne l’anno, l’italiano medio intorno ai 92 kg l’anno. La ricerca della Oxford University ha calcolato quello che avverrebbe diminuendo il consumo a 11 kg l’anno (31 gr. giornalieri): si eviterebbero 45.361 morti.
La carne uccide anche in altri modi. La correlazione tra gli allevamenti intensivi, definiti dalla Food and Agricolture Organization, a nome delle Nazioni Unite, “un vivaio di malattie emergenti”
e le sostanze chimiche somministrate nel settore carni: tirestatici,
ormoni, beta agonisti, cortisonici, ormone della crescita, antibiotici
metalli pesanti, mix di sostanze chimiche e mangimi inidonei, comporta
lo sviluppo delle note pandemie ed episodi di
straordinaria gravità come l’influenza aviaria nel 1999 e 2002, la
cosiddetta mucca pazza nel 2001 o le carni suine irlandesi contaminate
dalla diossina nel 2008 e l’influenza A suina del 2009 proveniente dal
Messico, causando migliaia di decessi in tutto il mondo. “Ogni volta che
un virus entra in un nuovo ospite, può mutare”, spiega Michael Greger, responsabile salute pubblica alla Humane Society of United States:
“Nelle fattorie con 50 capi, un virus ha solo 50 probabilità di mutare.
In quelle con 5 mila maiali ha 50 mila possibilità di trasformarsi in
un virus in grado di compiere il salto di specie passando dall’animale
all’uomo”. Salto di specie che si è verificato in Messico tra maiali e
uomini.
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